di Denis Salvini, direttore dell’Orchestra di Fiati di Vallecamonica “Gianandrea Gavazzeni”
pubblicato sul numero 106 della rivista “Brescia Musica”
“L’ultimo dei compositori romantici”.
Così amava definirsi Frigyes Hidas, una delle pietre miliari della composizione a livello mondiale.
E così, d’impulso, come era uso fare all’interno delle sue magnifiche composizioni con i cambi di tempo, se n’è andato velocemente, senza preavviso.
Un cancro al pancreas, rapido quanto inesorabile, come i ritmi ostinati e asimmetrici della sua musica, se lo è preso, e gli ha concesso l’ultimo, definitivo, repentino cambio di tempo lo scorso 7 marzo.
“La musica deve avere un inizio e una fine”, soleva dire il Grande Vecchio, proprio come la vita.
Frigyes Hidas nasce a Budapest, il 25 maggio 1928, e tutta la sua vita di musicista si svolge in Ungheria. Studia composizione alla Ferenc Listz Academy con Jànos Visky.
Per 15 anni è direttore musicale del Teatro Nazionale (dal 1951 al 1966) e tra il 1974 e il 1979 ricopre la stessa funzione al Teatro Municipale di Operetta. Da quando lascia questo incarico, si dedica solo ed esclusivamente alla composizione.
Hidas è stato un compositore molto prolifico, che credeva fermamente nelle tonalità e nelle armonie nel senso tradizionale dei termini, e ha sempre scritto in un linguaggio tutto sommato accessibile, tralasciando le “forzature” tipiche della musica contemporanea.
Non per questo, però, la sua Arte risulta scontata o dozzinale; è anzi molto particolare, ben distinta da tutte le “correnti” pseudo-neo-post romantiche più o meno scopiazzate (che tanto vanno di moda nella musica bandistica); lo stile di Hidas è sempre molto singolare, definito e riconoscibile, la sua “maniera” di trattare frasi, accordi e strumentazione è unica, inusuale, ma straordinariamente efficace, così come l’influenzea poploare-folcloristica ungherese, che sempre traspare nei suoi lavori.
La sua opera comprende tutti i generi musicali: opere, balletti, concerti solistici, musica sinfonica, da camera, musica corale, ed è particolarmente conosciuto per la sua musica da camera per legni e ottoni, e la sterminata produzione per banda e orchestra di fiati. Ha ricevuto inoltre moltissime commissioni da compagnie di balletto, dall’Opera di Stato, stazioni radio, università e varie associazioni musicali.
Le sue opere più importanti e conosciute dedicate alla banda, sono senz’altro la “Folk Song Suite”, “Merry Music” (vero pezzo “entry-level” per le ormazioni amatoriali alla musica di Hidas), la “Suite for wind band”, i concerti solistici, la suite “The Undanced Ballet” e sicuramente la straordinaria Messa da Requiem, dedicata dal Maestro ai caduti di tutte le guerre; un’opera a dir poco meravigliosa, scritta nel 1995 per 4 solisti, coro e orchestra di fiati, che si colloca stilisticamente in un ipotetico punto di incontro tra i Requiem di Mozart, Verdi e Faurè, e che rappresenta la prima composizione della storia della musica per banda scritta per questo tipo di estesa formazione. E qui ci fermiamo per quanto riguarda le fredde nozioni “accademiche”, per passare all’Hidas uomo-musicista.
Premetto che non ho (purtroppo!!!) mai avuto il piacere di incontrarlo nè di conoscerlo, se non attraverso la sua Musica. Mi avvalgo per cui dell’amicizia di Ronald Johnson, che invece ben conosceva il Maestro e molto l’ha frequentato, per farmi raccontare qualcosa su di Lui, e sul suo modo di “essere” Musicista.
Innanzitutto, racconta Johnson, il “lato professionale” di Hidas, quella parte della sua personalità che era d’aiuto ed incoraggiamento. Essendo una delle personalità di spicco, e uno dei personaggi più conosciuti del mondo musicale Ungherese, era cosciente che qualsiasi cosa dicesse, e come la dicesse, era molto importante. Ed era sempre molto attento sul fatto che quanto diceva potesse essere d’aiuto, che i suoi commenti aiutassero gli esecutori ad essere più musicali o più espressivi nelle loro performances.
Sempre commentava stile ed espressione; aveva un orecchio straordinariamente fine, e poteva rilevare anche il più piccolo errore, ma scelse di concentrarsi sulle qualità espressive della musica, credendo fermamente che sulla tecnica si dovessero concentrare gli esecutori.
Nella vita privata, nelle cene con gli amici, usciva invece il “lato personale”, uno spirito caldo e generoso che riscaldava l’anima di chi gli stava a cuore.
Amava molto raccontare grandi storie, e moltissimo ridere e scherzare. In ognuno dei suoi ristoranti preferiti, quando stava a cena, la gente si fermava al suo tavolo per salutarlo od incontrarlo. Scrittori, attori o altri musicisti, per tutti era lo “Zio Frici”!
È a queste cene che Johnson associa i più bei ricordi di Hidas. Fu durante alcune di queste che nacquero le idee del Requiem e della Fantasia per Violoncello e Orchestra di Fiati. Era qui che si discuteva di repertorio per le bande, e si parlava di quello che in questo repertorio mancava. Gli ultimi 10 – 15 anni della sua vita, sono stati spesi cercando di dare al “mondo bandistico” quei pezzi che risultavano assenti: concerti per strumenti inusuali (Violoncello, Violino, Oboe, Quartetto di Saxofoni….), musica per il balletto, pezzi con il coro, pezzi che connettessero l’uomo con la natura (come ad esempio “Save The Sea”). Ed è in queste occasioni, che il Maestro amava definirsi “l’ultimo dei compositori romantici”.
La sua Musica ha la capacità di toccare l’anima degli ascoltatori, e renderli capaci di comprendere la Grande Musica, di portarli a “sentire” e a godere della bellezza della Musica.
Ora il suo corpo è andato. Ma il suo Spirito vive ancora, e continuerà a farlo. Ogni volta ci sarà un’esecuzione della sua Musica, la gente sarà sempre in grado di dire sorridendo “Aaaaahh!! Hidas!”.
Ed è bello immaginarlo ora, seduto ad un tavolino chissà dove, insieme a Fennel, Reed, Lancen, Lijnschooten e Ligasacchi (giusto per ricordare gli ultimi Grandi del “bandismo” che se ne sono andati negli ultimi anni), guardare a noi, e sorridere circa le discussioni tra bande sinfoniche e bande da giro e marching bands, o tra bande amatoriali e orchestre di fiati, o sulle polemiche relative ai concorsi bandistici, sulle associazioni bandistiche nazionali o locali, sulle “correnti” di direttori, sulle case editrici, sui compositori che si definiscono tali solo perché sanno usare on po’ Finale…
e brindando allegramente con un buon boccale di birra, guardare gli altri grandi negli occhi, e chiudere il discorso con un Salomonico “signori miei, l’importante è fare MUSICA, prima, durante e dopo di noi”.