Intervista a Fulvio Creux

direttore della Banda Musicale dell’Esercito italiano

pubblicata da “Risveglio Musicale” periodico dell’A.N.B.I.M.A., intervista di Giuseppe Testa

1. Come si è avvicinato al mondo della Banda?
Ho iniziato a 12 anni suonando il clarinetto nella banda del paese, invogliato dal fatto che con la banda… si facevano sempre belle feste! Poi cominciai a studiare pianoforte e composizione fino a che il Maestro della Banda lasciò l’incarico; io, nel paese, la persona con la massima preparazione musicale e fui prescelto come direttore, mi pare nel 1976/7 o 1978. Fu per me spontaneo cercare di far suonare subito “al meglio” la banda, eliminando per prima cosa il “grilletto pieno di vino” che girava per bere durante le prove; queste cose comportarono non poche difficoltà: i più anziani lasciarono il loro posto, ma furono sostituiti dai giovani che cominciavano a formarsi nei “Corsi di orientamento musicale di tipo bandistico”; oggi la banda di Pont St. Martin conta su una ottantina di elementi ed una quarantina di diplomati; tra l’altro dalla scuola valdostana nata in seguito alle nuove idee di quegli anni sono usciti un buon numero di esecutori, specie ottoni, che oggi stanno nelle principali orchestre italiane.

2. Ritiene che le bande militari oggi rappresentino un punto di riferimento per le numerose realtà bandistiche italiane?
La mentalità regnante nelle Bande Militari quella che le “bande di paese” (o “bandarelle”) sono di livello basso perché formate da dilettanti, mentre loro sono bravi perché “professionisti”. La conseguenza principale di questa mentalità è facile da intuire: non serve studiare, soprattutto nell’insieme. A questo va aggiunto che, complice l’organico di “grande banda” che le caratterizza i complessi ministeriali, si è sviluppato un repertorio che gli altri “non possono fare”. Per un certo periodo le bande ministeriali sono state conseguentemente viste come modello ideale, irrealizzabile da altri per motivi di costi; questo ha però ingessato il rapporto tra bande civili e bande militari creando un solco di incomunicabilità tra le stesse. Ad incrementare questo divario il fatto che molti componenti delle bande militari sono stati chiamati – sulla base di questo solo requisito – a dirigere le bande di paese; cosa hanno fatto? Hanno portato nel paese la loro limitata esperienza, proponendo brani non adatti per difficoltà ed organico al complesso che dirigevano. Negli anni ’90 le cose hanno cominciato a cambiare: sono nati complessi (le Bande di Samassi, Quarna, Gazzaniga, Valle D’Aosta, Euterpe di Canicattini Bagni) che, partecipando ai concorsi (e spesso vincendoli), hanno raggiunto livelli spesso assoluti, assimilandosi all’Europa. I complessi professionali (ministeriali, ma a loro modo anche le bande da giro) sono rimasti invece fuori dal mondo, esprimendo la sempre più decadente copia di se stessi; quanto avvenuto è paragonabile ad un atleta che (solo perché pagato per farlo, rafforzato da una divisa e magari appoggiato da menzogneri ed ancor più disinformati uffici stampa) si crede più bravo degli altri senza mai informarsi dei nuovi primati raggiunti dagli altri atleti nel mondo vivo. Se però il risultato nel caso dell’atleta è inequivocabile, nel caso della banda non è del tutto così e, anche di fronte all’evidenza dei fatti c’è sempre una scusa pronta: “ma quelle sono orchestre, non bande!” (del resto ancora molti – più di quanti non si creda – sostengono che la banda, per essere tale, deve “suonare male”). Cercando di rispondere alla domanda (mi scuso per la lunga ma credo necessaria premessa) oggi i tempi sono maturi perché il dovere si compia, ovvero le bande ministeriali si pongano a punto di riferimento per le bande civili. Come può avvenire ciò? Semplice, esse dovrebbero proporre (almeno in parte) un repertorio utilizzabile anche dalle bande civili; conseguentemente dovremo avere modelli (se non livelli) esecutivi comuni e brani per organici realizzabili anche fuori del mondo ministeriale. Se questo sia già avvenuto almeno in qualche complesso o debba ancora avvenire i lettori lo stabiliranno sulla base delle loro conoscenze in materia.

3. A livello qualitativo e organizzativo le Bande militari in Italia in che posizione si pongono rispetto a quelle degli altri paesi europei e d’oltre oceano?
Non conosco a pieno la realtà estera, ma posso fare alcuni raffronti (in rapporto ai complessi professionali) su problemi che sono importantissimi ma ai quali nessuno guarda:

in ITALIA in AMERICA (OLANDA)
la programmazione non esiste:
se una banda sta provando per un concerto importante (personalmente giudico più importante suonare a Riva del Garda che non alla Scala) può succedere che all’ultimo momento il ministero mandi la banda a fare altre cose comunicate all’improvviso (suonare inni per qualche autorità, portare il passo per soldati che marciano) che fanno saltare le prove previste e la preparazione psicologica alle stesse
La programmazione è rispettata (tranne casi rarissimi ed eccezionali)
idem se sta registrando un cd La programmazione è rispettata
se un esecutore si ammala o si assenta (per paternità, convalescenza, studio,ecc.) non può essere sostituito se un esecutore si ammala si fanno contratti a scadenza per i posti da coprire
Se un elemento se ne va passano almeno 2/3 anni prima che possa essere rimpiazzato (sovente l’attesa è di anni più lunga) Il 3 febbraio se ne va la terza tromba?
Il primo gennaio c’è l’audizione ed il 4 assume servizio! Sui manifesti pubblicitari è già spiegato il loro trattamento di lavoro e quali sono i compiti e doveri degli orchestrali.
Se un elemento non studia più o suona male resta a vita in Banda Non conosco la situazione, ma riferendomi ai precedenti punti la situazione non mi sembra possa essere così comodo non studiare
I vincitori di concorso hanno una preparazione elevata individualmente ma di mentalità solistica/orchestrale; la Banda per loro (anche se adesso costituisce l’ultima possibilità di occupazione per uno strumentista a fiato) sarà sempre nella loro mentalità “un ripiego, un qualcosa di meno” Già dalle scuole suonano seriamente in banda dove eseguono il repertorio specifico più importante; in Olanda molti “lasciano le principali orchestre (dove sono titolari) per andare a suonare per alcuni anni nella banda della Regina.
Una banda la sera suona alla Scala e la mattina dopo sta nel fango di un campo sportivo sotto la pioggia, rischiando di rovinare gli strumenti La Banda che fa i concerti (salvo casi rarissimi) non fa le cerimonie
Le nostre bande non prevedono in organico Fagotti, Contrabbasso a corda, Arpa, Pianoforte
(però hanno il flicorno contralto e le trombe basse!) ed i percussionisti sono insufficienti
Questi strumenti sono ufficialmente in organico
Un editore può registrare un cd e porlo in vendita con estrema difficoltà; è poi del tutto impensabile che il cd possa essere messo in vendita al termine di un concerto È cosa normalissima che ciò avvenga

Questo raffronto potrebbe continuare, ma da l’idea di quale abisso ci separi con le bande più evolute dei paesi esteri. Non tutto è però negativo ed almeno in una cosa siamo più evoluti: abbiamo l’obbligo di suonare con i tappi nelle orecchie per tutelare l’udito dal “rumore” prodotto dallo strumento del vicino (legge 626)! Inoltre, per disposizione del medico del lavoro (almeno noi) non possiamo suonare insieme più di 90 minuti al giorno!

4. La Banda ha sempre eseguito di tutto: trascrizioni, riduzioni teatrali, musica originale, marce, ballabili, ecc… In quale genere ha raggiunto un livello più alto sia di esecuzione che compositivo?
Premesso che l’identità di una forma di espressione artistica si raggiunge unicamente con la proposta di un repertorio “originale” (storico ed attuale), penso che il problema non stia nel conflitto musica originale – trascrizioni. Il fatto da considerare è che sovente il suonare le trascrizioni trascina con se retaggi esecutivi che viziano il suono e l’espressione dei complessi. Se si vuole agire su questi fattori è pertanto necessario abbandonare il solito repertorio operistico – sinfonico; neppure adatto è quello di stile leggero o jazz, perché porta a suonare ciascuno secondo principi individuali. Il repertorio va considerato come una “dieta”: così come per dimagrire bisogna limitare pasta, pane, dolci, vino (tutte cose buonissime) così per raggiungere una crescita qualitativa della banda bisogna abbandonare il repertorio delle trascrizioni lirico sinfoniche, lavorando invece sulla musica originale di qualità. Ciò non toglie che il Nabucco, per esempio, sia bellissimo e non ci sia nulla di male nel suonarlo: ma per migliorare bisogna, almeno per un po’, lasciarlo da parte! Superato questo problema si potrà tornare tranquillamente anche al repertorio “temporaneamente” da escludere.

5. Confrontando il repertorio del passato con quello odierno, a parità di difficoltà, quale pensa sia più interessante dal punto di vista artistico?
La risposta è già contenuta in quella alla precedente domanda; è il caso di aggiungere che la bontà di un programma è data non solo dal genere trattato ma da come si inseriscono, uno dietro l’altro, i brani; purtroppo succede raramente di vedere dei programmi che abbiano tra i vari brani un nesso logico e che non siano una semplice successione di titoli non collegati tra di loro.

6. Ritiene che la Banda possa eseguire musica d’avanguardia? E se sì, tale linguaggio oggi, incontra il favore del pubblico?
La musica di “avanguardia”, così come la può intendere un musicista della mia generazione, è stata una fase assolutamente necessaria della storia della musica; ciò non ostante oggi è un dato di fatto che una certa avanguardia è morta e, forse ingiustamente, dimenticata. L’inserire brani di quella avanguardia sarebbe cosa altamente meritoria e l’unica banda militare che l’ha fatto con cosciente determinazione è stata sino ad ora solo quella dell’Aeronautica Militare, sotto la direzione di Patrizio Esposito; in qualche occasione anche la Banda della Polizia ha eseguito o registrato brani siffatti (soprattutto in collegamento con il Concorso di Corciano). Nell’attuale musica “originale” troviamo sovente un tipo di linguaggio che, memore della lezione delle avanguardie, produce brani che rappresentano l’auspicabile maniera di scrivere musica al giorno d’oggi.

7. Dopo aver scelto una composizione da inserire nel repertorio, come procede lo studio con la Banda?
Solitamente leggo il brano da capo a fondo affinché gli esecutori se ne facciano una idea poi, a seconda dei casi, ne approfondisco parte per parte, talvolta partendo dal fondo verso l’inizio: bisogna comunque evitare la monotonia e la routine anche nella preparazione dei brani; nel lavorare a ritroso, per esempio, gli esecutori non percepiscono l’evoluzione del brano e, quando si suonerà da capo in avanti, saranno maggiormente interessati.

8. Se potesse standardizzare la partitura in tutta l’Europa quale potrebbe essere per lei l’organico ideale?
Ormai credo la partitura si sia standardizzata a sufficienza, per cui questo problema non è poi così determinante; le poche differenze che rimangono tra partitura e partitura sono date più dalla singole esigenze dell’autore che non dalla assenza di una standardizzazione. Se un mecenate mi desse carta bianca senza badare a spese farei comunque una banda così costituita:

1 ottavino, 2 flauti
2 oboi, 1 corno inglese, 2 fagotti
1 clarinetto piccolo mib, 15 (4/5/6) clarinetti sib, 1 clarinetto alto, 1 clarinetto basso
2 sax alti, 1 sax tenore, 1 sax baritono
4 corni, 4 trombe, 2/3 cornette (flicorno per eventuali necessità)
3/4 tromboni, 2 euphonium, 2 tube
1 contrabbasso a corda
5 percussioni

Ovviamente per brani particolari chiamerei gli strumenti necessari (flauto contralto, controfagotto, clarinetto contralto o contrabbasso, sax soprano, sax basso, arpa, pianoforte, ecc.) adeguando eventualmente le proporzioni ai nuovi pesi; ma con l’organico indicato si può andare in capo al mondo quanto a repertorio. Personalmente non amo – fatte salve eventuali esigenze particolari – gli organici troppo grandi. Ovviamente però bisogna vedere anche dove si suona. Le bande all’estero possono contare, a differenza delle nostre, di una grande diffusione di sale da concerto idonee, cosa che da noi rappresenta un sogno.

9. Quali sono secondo lei i pregi e i difetti della Banda moderna oggi relativamente all’estensione, alla potenza sonora e ai timbri?
Come ha scritto nel titolo di un suo libro Lorenzo della Fonte la Banda è l’ “Orchestra del 2000”, ed ha tutti i numeri per essere una forma di espressione artistica completa, pari alle altre: del resto è sempre stato così, sono gli operatori che troppo spesso l’hanno dimenticato confondendo la Banda con il suo significato sociale e scusando in nome di questo le sue sovente inadeguate esecuzioni.

10. Maestro, è auspicabile oggi una riforma riguardante la fabbricazione di strumenti tagliati nei toni di DO e FA, che consenta l’esecuzione nel tono originale dei pezzi trascritti? E quanto pensa falsino la sonorità le strumentazioni bemollizzate?
Inorridisco solo al pensiero di una siffatta inutile ed antistorica ed assolutamente inapplicabile ipotesi. Del resto il trasporto della tonalità di un brano non ne falsa di certo le caratteristiche più di quanto non le possa falsare un clarinetto al posto del violino. È comunque ora di smetterla di guardare con cattivo occhio alle trascrizioni, che rappresentano una fetta di storia del repertorio in tutto il mondo: il problema vero sta nel collegamento con la “dieta” di cui ho parlato e nel fatto che non possono occupare la parte preponderante dei programmi. Aggiungo una cosa: i Canadian Brass, Steven Mead ed altri grandi solisti suonano numerosissime trascrizioni, eppure nessuno si pone il problema…..

11. Che opinione ha dei concorsi bandistici?
I concorsi bandistici, ripresi intorno agli anni ’90, sono la cosa che più è servita, in Italia, sia a migliorare il livello medio delle bande che a raggiungere i livelli esecutivi più elevati ed a modificare il repertorio verso la musica originale; per raggiungere una uniformità di stile e di mentalità esecutiva hanno fatto di più i Concorsi che le cattedre ed i docenti di Conservatorio, di più i Concorsi che le Bande ministeriali ed i loro direttori: le migliori bande italiane sono venute fuori dai concorsi!

12. Quali prospettive offre ad una Banda la vittoria ad un concorso?
Purtroppo nessuna; prendiamo per esempio la Banda di Quarna (diretta da Giorgio Coppi) che nel ’91 vinse il concorso “La banda dell’anno” a Pesaro, l’anno dopo “Riva del Garda” in Prima categoria e nel ’93 raggiunse il maggior risultato (mai) ottenuto da una Banda italiana a Kerkrade, vincendovi il premio assoluto in Prima Categoria: tornata in Italia è lentamente morta: non era più una “banda” e non era una “orchestra”; non andava bene per la sagra popolare “perché era una orchestra” e non era accettata nelle sale da concerto “perché era una banda”. Si noti che nessuna associazione bandistica ha ritenuto di celebrare con un concerto appositamente organizzato il fatto che questi fossero la banda per così dire “campione del mondo”: gelosie, incomprensioni? Quante volte queste cose hanno tagliato le gambe ai migliori, nel nostro ambiente!

13. Come trova la preparazione dei maestri direttori di Banda oggi rispetto al passato?
Prima della guerra quasi tutti i direttori erano diplomati in Strumentazione per Banda; dopo le bande sono finite in mano a chiunque. Con la rinascita delle bande (ricominciata, ribadisco, negli anni ’90) si è verificato un fenomeno singolare: tra i direttori che erano alla guida dei migliori complessi nessuno era diplomato in strumentazione per banda o composizione; erano tutti (ex) strumentisti, eppure le loro bande erano le migliori. In effetti l’evoluzione della banda è più questione di mentalità che di titoli di studio (comunque necessari). Oggi, con i corsi di direzione sempre più diffusi e che hanno anticipato e sviluppato (grazie alla banda!) la stessa in Italia inesistente scuola di Direzione d’Orchestra, la preparazione dei maestri può essere più adeguata e tale mi sembra che sia. I ciarlatani ed i montati sono, però, ancora troppi.

14. Le nostre bande amatoriali, fino a che livello possono formare lo strumentista che poi si avvierà alla professione?
Se ben gestite e curate da direttori competenti possono offrire allo strumentista un qualcosa che non troverà altrove: la possibilità di fare musica d’insieme e di affrontare interessanti repertori. Del resto oggi, qual è “la professione” cui dovrebbe essere avviato uno strumentista? Il buon esecutore non perde nulla se suona in una banda dove si svolge un buon lavoro e veramente fuori dal mondo sono quegli insegnanti che vietano ai loro allievi di suonare in banda.

15. Lei che conosce bene le realtà bandistiche italiane, dove ritiene che la Banda sia presa più sul serio come organismo artistico, al nord, al centro o al sud?
Indubbiamente al nord; al sud la regione più evoluta è la Sicilia e molto sta venendo fuori anche dalla Calabria; indietro rimangono la Campania e la Puglia per evidenti motivi; il Lazio resta comunque la Regione più arretrata per la presenza di troppi pseudo maestri provenienti dalle bande militari (tra questi ci sono comunque eccezioni)

16. Che consigli darebbe ad un giovane che vuole intraprendere la carriera di Maestro di Banda?
Tre cose in ordine prioritario, e non scherzo: 1) di “valutare in tempo utile l’ipotesi di cambiare mestiere, onde non incrementare le fila dei disoccupati” 2) se proprio vuole proseguire consiglio di “non studiare e di non informarsi di cosa c’è nel mondo: vivrà più tranquillo e più appagato” 3) a chi non contento dei precedenti consigli volesse insistere direi “di essere conscio che studia a suo rischio e pericolo”; capito questo potrà conoscere ed imparare tante cose bellissime che poi non si sa se, in Italia, potrà mai applicare.

17. Pensa che un giorno la Banda sarà presa in seria considerazione dalla classe politica?
La presa in considerazione della Banda necessita certamente dell’aiuto dei politici, aiuto che però, se anche ci fosse sotto l’aspetto finanziario, non basterebbe da solo a risolvere i problemi: i primi che dovrebbero imparare “a prendersi in seria considerazione” sono gli stessi protagonisti del settore: pensi un poco, cos’è la Banda: un organismo musicale? Un organismo di volontariato sociale? Una forma di espressione legata …. al folklore? ….. alla musica “popolare”? ….. alla musica “colta”; fa concerti o processioni? va bene qualsiasi livello esecutivo o dovrebbe rispettare un minimo di decenza esecutiva (nel momento in cui si presenta in pubblico)? I soldi sono importanti, ma più importante è l’idea di una organizzazione che definisca obiettivi e modalità per raggiungerli e, soprattutto, cosa siamo e cosa vogliamo essere: a questo punto i soldi serviranno, altrimenti si disperderanno solo in iniziative legate non necessariamente alla qualità e bontà di idee, ma al fortuito momento di sostegno da parte di qualcuno, politico o privato che sia. Del resto nelle numerose occasioni in cui sono stato in America non ho mai visto un politico ad un concerto né mi risulta che sia auspicata la sua presenza (magari ritardando l’inizio del concerto per aspettarlo perché “trattenuto da inderogabili impegni”): eppure in città di 40000 abitanti ci sono fino a 15 – 20 persone (preparate) che mantengono agiatamente la famiglia facendo per professione il direttore di banda!

18. Quali prospettive per la Banda del terzo millennio?
Questo è un periodo nel quale “tutta la musica” va ripensata: chiudono le orchestre sinfoniche, i teatri, ecc. In questo quadro la banda si può porre come organismo paritetico agli altri e sperare di avere quel riconoscimento che merita. Bisogna però imparare a distinguere, ribadisco, il fenomeno sociale da quello musicale.

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